Capitolo 1 - Premessa generale

 

1.8 I Bisnenti

 

In questo contesto si inserisce la vicenda dei bisnenti montelliani, che abitavano i tredici comunelli o villaggi del Montello: S. Mama, Ciano, Busco, Biadene, Caonada, Venegazzù, Martignago, Volpago, Lavajo, Selva, Giavera, Nervesa, Bavaria.

Due provvedimenti emanati dai competenti Ministeri del neonato Regno d’Italia riconoscevano la necessità dei poveri che abitavano nelle succitate località ed attribuivano loro il diritto a prelevare dal Montello certi prodotti dietro rilascio di speciali concessioni.

Il primo tipo di concessione veniva rilasciato ai veramente miserabili, e concedeva di prelevare i prodotti accessori: strame (cioè foglie secche, brughiera, felci, erba da pattume) erba e foraggio, funghi e frutti bacciferi, ghiande e simili, legna raccogliticcia.

Il secondo tipo di concessione veniva rilasciato ai bisognevoli di lavoro, e consentiva di raccogliere prodotti secondari: broccame, o ramaglia caduca non più grossa di un pollice, concesso a coloro che venivano assunti per il taglio e riduzione del legname ad opera giornaliera, fino ad un massimo di 100/120 libbre trevigiane al giorno, in pagamento dell’opera prestata, ceppaie di alberi tagliati da più di un anno, essenze dolci ( frassino, carpine, castagno, sanguinella,… che formavano il sottobosco), cespugli, fino ad un massimo di 100/120 libbre trevigiane al giorno.

Infine c’era il terzo tipo di concessione rilasciato agli assolutamente miserabili ed inabili al lavoro, per i quali era prevista un’elargizione di una certa quantità di legna da fuoco della infima classe, al momento dei tagli, legna che veniva consegnata a domicilio.

C’era anche una seconda suddivisione dei potenziali fruitori di concessioni per il bosco: la prima categoria comprende i massarioti (agiati), ai quali è concessa la sola raccolta di strame per un mese; la seconda categoria è costituita dai mezzi massarioti (meno agiati), i quali non avendo sufficiente terra al sostentamento, devono ricorrere al bosco ed a costoro viene data concessione per sei mesi d’inverno; ed infine ci sono i nullabbienti (bisnenti), i quali, se mancasse il bosco, sarebbero privi di ogni mezzo di sussistenza, ed ai quali vengono rilasciate concessioni annuali. Dove stava il problema?

I Comuni rilasciavano a tutti, o quasi a tutti, un identico certificato di miserabilità, per non trovarsi nei guai ed evitare le proteste dei richiedenti e dei contravventori, e le code in comune di chi, inserito in una categoria, chiedeva di essere inserito nell’altra, per poter così usufruire di una migliore concessione!

 

Comunque, posta la cosa in questi termini, sembrava  proprio che queste concessioni potessero attribuire effettivamente dei vantaggi ai bisnenti, ma le concessioni dovevano sottostare a così tanti divieti e prescrizioni (ad esempio, il diritto alla concessione si ha solo dopo dieci anni di permanente domicilio nei villaggi del Montello; l’accesso al bosco è consentito una volta al giorno , tra il levar del sole ed il tramonto, che nessuno però rispettava; i buchi lasciati dalle ceppaie divelte dovevano esser rinchiusi; bisognava rispettare il “novellame”, ed i semenzai, mai raccogliere “prodotti” se fossero in corso attività di taglio e rimboschimento o se ciò potesse danneggiare la protezione della nudità del fondo…) così tanti, dicevo, che nessuno rispettava queste condizioni, anzi, si mandavano anche le donne e gli “impuberi”, cioè i ragazzi, a tagliare legna nel bosco ed a raccoglierla in fascine e portarla a casa, cosa che dovevano fare se non volevano esser puniti dai genitori, ma i ragazzi facevano anche più danno degli adulti… Da tutto ciò si può ben capire quale movimento ci fosse nel bosco tra bisnenti e mezzi massarioti, contravventori (molti) e guardie boschive (poche)! Ma le perle della burocrazia sono ancora altre!

Due prescrizioni recitavano: per l’erba e lo strame “tale raccolta dovrà ineccezionalmente farsi colle mani o mediante rastrelli di legno”; la legna “ potrà essere raccolta… senza far uso di ferri o altri strumenti di sorta qualunque”.

Gli stessi Ispettori forestali denunciavano la illogicità di queste disposizioni, che se da un lato prevedevano le concessioni per la raccolta dei prodotti, dall’altra proibivano l’uso di strumenti ed attrezzi in ferro, concedendo solo l’uso delle mani, “ i quali ferri ( mannaie, scuri, coltellacci,…) sono banditi dagli art. 1 e 8 delle licenze, ma non vi ha forse uno solo fra i concessionari che non ne sia fornito, conseguenza necessaria della mancanza di legna raccogliticcia e secca. Quindi la necessità di tollerarli, giacchè senza di questi istrumenti sarebbe illusoria e ridicola la concessione”.

La situazione divenne sempre più esplosiva, inasprendosi fino a raggiungere situazioni di rottura: centinaia furono le denunce per contravvenzioni ai vari divieti posti, e fin qui siamo nell’ordine quasi normale delle cose.

Ciò che diede un’altra dimensione a questo fatto furono le proteste e le opposizioni in gruppo ai controlli effettuati dalle guardie, che furono giudicate tentativi di sollevazione a carattere politico, subito dopo l’unità d’Italia.  Come conseguenza, queste denunce furono sottratte alla pretura di Biadene ed il tribunale di Venezia le avocò a sè.

A partire dal 9 gennaio 1865 molti bisnenti furono giudicati per il crimine di sollevazione e contravvenzione per furto: questo il resoconto di un fatto accaduto a Ciano nel 1864.

“Verso le 5 pom. del 14 gennaio il soldato Angelo Forini con Antonio Trombin e Fioravante Gardellin, pattugliando giunsero al luogo detto “la busa delle rane”, dove vide 38 o 40 individui giungere dal bosco, carichi d’un fascio di legna, e muniti chi di mannaia e chi di bastone. Intimato loro di ceder la legna, coloro protestarono di voler proseguire la via, per guisa che il Trombin appuntò la baionetta al petto di uno, che parea il più risoluto, mentre che il soldato Fiorini andò a chiamare il caporale Giuseppe Frananuti, che comparve colla guardia Pietro Friz e coi soldati Angelo Bordini e Ferdinando Rizzato.

Anche il Friz ripetè l’intimazione di deporre la legna, ed allora certo Noè Facchin gli mosse contro e bestemmiando dichiarò che volevano portare a casa la legna. Contemporaneamente alla distanza di mezzo tiro di fucile si presentavano due turbe, una di circa sessanta e l’altra di circa quaranta persone, ed anche questi individui gridavano al pari della prima massa e per di più poi fra queste due turbe sporgevano manichi di badile. Il Friz conobbe esser necessità di abbandonare il proposito e lasciar la legna ai contravventori e di ciò tanto più si convinse, in quanto che la sera innanzi alcuni boscaiuoli sconosciuti, passando, con legna del bosco, vicino alla guardia Luigi Maron, si sarebbero espressi: “se fussimo d’acordo, le guardie no toria la legna” [6].

Alcuni anni dopo ci fu un’amnistia   per molte centinaia di   condannati per sollevazione e contravvenzione per furto, e nel 1892 la legge Bertolini portò alla divisione parcellare del Montello attuata a favore dei bisnenti, che invece portò alla vendita delle quote di terreno qualche volta “anche”! ai bisnenti, perché la maggior parte degli acquirenti furono i massarioti.

 

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