Capitolo 1 - Premessa Generale
1.7 Le Condizioni socio-ambientali del 1870
Com’è noto, Crocetta si è costituita in comune autonomo nel 1902 e quindi fino a quel momento il comune di appartenenza delle frazioni di Ciano, Nogarè e Rivasecca era Cornuda.
Abbiamo l’opportunità di conoscere le condizioni generali del Comune di Cornuda dalla risposta che il sindaco Jacopo Boschieri diede ad un’indagine allora promossa sulle condizioni generali dei vari comuni montelliani nel 1873, ed i cui risultati erano apparsi anche sulla stampa di allora; possiamo esser certi, comunque, che le indicazioni date erano sicuramente conformi alla situazione reale nei nostri paesi, essendo Boschieri stesso di Nogarè.
Su circa tremila ettari, il 37% era costituito dai boschi erariali del Montello e del Fagarè, il 30% da colture di cereali, il 20% a prato, il 10% ghiaie ed il 3% bosco ceduo; non c’erano paludi.
Per l’acqua ci sono i pozzi, e sul territorio scorrono il canale della Brentella, usato anche per l’irrigazione delle colture agricole, il Rio Bianco ed il Rio Nero; due sono le strade principali la statale Treviso - Belluno e la provinciale Via dell’Erizzo.
Le colture agricole principali sono date da granoturco, frumento, avena, patate, vite ed alberi da frutto (soprattutto mele e pere) in pianura ed in collina, i prodotti della terra vengono venduti nei mercati di Montebelluna, Treviso e Feltre; il concime utilizzato è costituito da letame di stalla, oppure foglie di castagno o rovere, più scadente; il taglio dell’erba medica avviene quattro volte all’anno.
Fra i 4341 abitanti, pochi sono i possidenti, circa una quindicina, con 10-15 ettari, la maggioranza è costituita da contadini che possiedono poco terreno, una stalla molto spesso non adeguata, dove ci sono una o due mucche, e qualcuno possiede uno o due cavalli; si allevano galline e soprattutto maiali anche in esubero rispetto ai bisogni, poco diffusi gli ovini. La o le due “vacchette” sono tenute per il latte, che viene in parte lavorato per ottenere il burro ed il formaggio: il contadino non vive male, è sano e robusto, non è giocatore o violento, ma è ostinato e perdura nei suoi pregiudizi, e la sua educazione è trascurata; poi ci sono i bisnenti, di cui ci occuperemo più avanti.
Il cibo ordinario per la maggior parte delle famiglie, soprattutto contadine, è costituito dalla polenta con la carne di maiale, la cui disponibilità in esubero, consente di ricavare salsicce, muset e salumi di vario genere, soppresse, salami, ossocolli; abbastanza utilizzati le uova ed i latticini; la carne di manzo e di gallina raramente, nelle feste…
La vite, coltivata in pianura ed in collina, non consente di ottenere una resa abbondante né di qualità, causa i danni provocati dalla crittogama, ma il vino viene bevuto tutto, naturalmente, e si ricorre anche ad una successiva spremitura delle vinacce bagnate con un po’ d’acqua, ottenendo un vino di nessuna qualità, il vin piccolo “pizhol”, che comunque a qualcosa serviva, prima di utilizzare definitivamente le “sharpe” cioè le vinacce, per produrre la grappa di contrabbando, “de bus o de troi”, che era il vero flagello locale, poiché di essa si faceva un vero abuso, soprattutto da parte dei più poveri.
Le attività lavorative non sono molto diffuse. Una speciale menzione merita la filanda da seta del signor Marcato Giobatta, sorta attorno al 1870, attività egregiamente condotta dalla Signora Matilde Dall’Armi, nipote del Marcato; è la prima vera attività possiamo dire industriale del comune (di Cornuda e …di Crocetta), che nella stagione dei bachi, quattro cinque mesi all’anno, dava lavoro a circa 200 filandiere, in gran parte di Nogarè.
Un’altra attività che vede occupate molte famiglie di Ciano, S. Mama e Rivasecca, e citata in varie occasioni e almanacchi, è la lavorazione dei vimini (“sanguinee o venghe”), coltivate in vincheti o vimineti, che porta alla produzione in larga scala di ceste, corbe, fascinelle o “gradele” per i bachi, e la costruzione di utensili in legno di vario genere, oltre a quel particolare utensile che sono i vasi vinari, cioè “caretei” o botti piccole, vendute nei mercati e nei paesi vicini.
Abbastanza diffusa nelle famiglie è l’apicoltura e soprattutto la bachicoltura, per altro non sempre ben condotta, ed i bozzoli, cioè le “gaete”, venivano poi portate alla filanda che provvedeva a lavorarle. Ciò ha portato come conseguenza alla diffusione della coltura del gelso, le cui foglie venivano utilizzate appunto per l’allevamento dei bachi in famiglia: nelle campagne il gelso separava una coltura dall’altra, delimitando sovente anche i confini delle proprietà stesse.
Le case sono tutte in muratura, coperte e con i coppi, si rammenti che non molto prima normalmente le case avevano il tetto in fango e paglia… c’è il medico, la mammana…[5].
Tutto sommato, sembra dire il nostro Jacopo Boschieri, non si vive male a Cornuda!
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