Capitolo 5 - La Scuola di Disegno applicato alle Arti e Mestieri
5.2 Il pittore Gino Rossi, insegnante della Scuola di Disegno
E veniamo, dunque, al corso di disegno geometrico introdotto all’inizio del 1925. Non fu una introduzione decisa spontaneamente dalla scuola, o dal Presidente Garizzo, se si vuole, bensì fu un po’ forzata dalle condizioni che vedremo, perché, dopo un trimestre, non è normale introdurre una materia nuova, pur nella precarietà dell’organizzazione della scuola.
L’ottimismo di Garizzo e della Soms è ormai palese, e forse fu anche questa sensazione che indusse ad introdurre un corso di disegno geometrico, su pressioni esterne, e ciò portò Gino Rossi ad essere insegnante nella Scuola di disegno della Soms di Crocetta.
Di questo episodio non si conosce molto dai verbali e dagli atti d’archivio della Soms, essendo gli stessi rimasti presso l’archivio comunale, poiché spesso la corrispondenza veniva inviata in comune, sia al sindaco come tale, sia come compartecipe dell’andamento della scuola; l’archivio stesso della Soms era custodito nell’archivio del Comune, e si ritrovò ciò che si era salvato dalla guerra.
Comunque sia, dalla corrispondenza ora recuperata e custodita nell’archivio della Soms, il nome di Rossi appare per la prima volta il 21 giugno 1923, quando con una lettera personale indirizzata al Conte Giorgio Zuppani, Commissario del Comune di Crocetta, e richiamandosi ad un colloquio precedente, metteva per iscritto quanto esposto, faceva cioè un curriculum vitae, come si direbbe oggi, nel quale esponeva le sue esperienze ed i suoi titoli in vista di una assunzione.
Gino Rossi era residente a Ciano dal 1914, ma in realtà vi risiedette effettivamente dal 1921 assieme alla madre, dopo la prigionia conseguente alla prima guerra mondiale, nella casa allora proprietà di Santo Marsura, sulla strada 18 del Montello. Spirito inquieto, dopo il tempo perso durante la guerra cercò subito di riprendere i contatti con i vecchi amici, che erano i più cari ed al tempo stesso forse anche gli unici che gli erano rimasti: i pittori Springolo e Barbantini, lo scrittore trevigiano Comisso; cercò disperatamente di partecipare alla Biennale di Venezia, ma non gli riuscì.
Il contatto con la realtà del Montello, dove la madre aveva vissuto di espedienti durante la guerra, e viveva tuttora nella povertà assoluta, in una casa ormai ridotta quasi alla sola struttura muraria, senza infissi, utilizzati dai soldati per riscaldarsi, gli trasmise quasi un senso di angoscia.
Egli farà amicizia con Giovanna Bieletto e con la figliola Maria. Anche dopo il trasferimento in provincia di Padova, Giovanna verrà spesso a trovarlo in quel di Ciano, paese di cui praticamente Rossi nelle sue lettere si dichiara innamorato e di cui sente molto la mancanza: pur nelle ristrettezze della vita che conduce, Ciano, il Montello ed il paesaggio del Piave sono state quasi le uniche sensazioni positive e tranquillizzanti che ebbe in questo periodo.
Così scrive all’amico più caro “Caro Barbantini, non ti ho scritto di venir qui a trovarmi, perché per quanto mi sia cara la tua presenza e di sprono e di conforto in questi momenti, non voglio darti lo spettacolo della mia miseria. Ti parlo sinceramente e senza fronzoli: qui non ho stufa per scaldarmi, non ho vestiti, non ho denaro per comperarmi qualche bel libro del quale sento tante volte bisogno: ho la soddisfazione di vivere in un paese magnifico, ma questa soddisfazione la pago caramente”…
E così all’amica di Ciano “Giovanna mia, questa vita non finisce più, mi par di essere uno straccio e tante volte mi par d’impazzire. Cammino attraverso i campi, sento suonare le ore e i grilli cantare. Dov’è Ciano? La nostra casa, quando alla sera tornavo col cavalletto ed il telaio del lavoro e la cena era pronta e intanto scherzavo con Maria! Come sono lontani quei giorni e quanto ho sofferto e soffro e soffrirò ancora maggiormente. C’è un merlo che fischia. Mi par di vedere il giro del Piave, là vicino a casa collo sfondo dei monti" [16]
Ma non riuscirà ad esporre in alcuna mostra, i suoi quadri non li compera nessuno, è ridotto a dipingere su pezzi di cartone o compensato; il padrone di casa vuole cacciarli di casa, non vuole i suoi quadri (“quei quatro potaci“) in pagamento della pigione, portandosi via la brocca ed il catino dai servizi igienici... [17]
Le difficoltà economiche lo premono, contatta Springolo facendo la spola da Ciano ad Onè di Fonte in bicicletta, contatta anche Barbantini, ormai affermato pittore… gli basterebbe un lavoro qualunque pittore, restauratore, decoratore… niente.
Anche Giovanna se n’è andata da Ciano. La depressione, lo scoramento si impadroniscono di lui, ormai crede di aver fallito tutto nella sua vita…
In questo momento arriva l’opportunità, o creduta tale, con la scuola di disegno della Soms. Nella presentazione sopra ricordata, a dire il vero scritta con grafia chiara ed addirittura elegante, tale da non rivelare comunque minimamente squilibrio o malattia, egli elenca le sue mostre ed i suoi premi, i contatti con enti e personaggi importanti, fra i quali figurano Barbantini e Ojetti… cita alcuni Enti fascisti… il tutto per far sapere che non era l’ultimo arrivato e doveva arrivare a Ciano per sentirsi dire certe cose, che ha sopportato con pazienza, e nemmeno interventi autorevoli erano riusciti a sfatare certe leggende… È chiaro che a Ciano erano poco propensi a dar credito ad un pittore squattrinato, che faceva l’ambulante (se è vero...!) per raggranellare qualche spicciolo, e da ciò forse l’intervento sbrigativo da parte di qualche membro del direttivo della Soms, Buogo Matteo, incaricato di parlargli.
A dire il vero Rossi non aspirava a fare l’insegnante, ma sembra di capire che avrebbe dovuto o voluto controllare la scuola, quindi potrebbe essersi sentito direttore “in pectore” e non insegnante.
Fatto si è che dopo la prima lettera del Presidente Garizzo che gli dava un paio d’ore di insegnamento alla settimana con 100 lire di retribuzione, c’è l’intervento del commissario responsabile di zona, della Corporazione Nazionale delle Arti plastiche di Venezia, che invita a trattare il pittore con maggiore rispetto, valutando meglio le sue capacità e benemerenze. In seguito a ciò a Gino vengono offerte alcune ore in più di insegnamento, e da cento lire al mese passa a trecento, di più non è possibile, perché anche le finanze della Soms non sono così floride, ma ci sarebbe voluto ben altro per risolvere i suoi problemi.
In un primo momento sembrò che accettasse queste ore, ma poi visto che il Direttore Varlonga non cedeva i corsi superiori, Rossi pensò che non era il caso di rimanere, e diede le dimissioni, senza tanti preamboli. Non è escluso che questa vicenda abbia fatto riflettere anche l’arch.Varlonga, che si sarà sentito a sua volta maltrattato nella sua professionalità, e pensando che forse Rossi l’avrebbe soppiantato, decise di cercare altre possibilità di lavoro.
Dopo tre mesi di insegnamento, Rossi diede le dimissioni, cosa che provocò la pressante richiesta di rimanere, una “dichiarazione d’amore” da parte dei suoi allievi di Crocetta, che comunque non riuscì a cambiare, né avrebbe potuto, il corso degli avvenimenti. [18]
Tutto l’evolversi di questa vicenda non trapela dai verbali della Soms, e forse questo ci serva da ammonimento anche per altre vicende, salvo quanto appare scritto nel verbale del Direttivo del 4 febbraio 1925 in cui il presidente della Soms, Garizzo, “comunica al Consiglio come il Signor Rossi, insegnante nella scuola di disegno e nella scuola serale, abbia domenica scorsa ipso facto date le dimissioni sia dalla scuola di disegno che dalla scuola serale, adducendo a sua scusa che affari di famiglia improrogabili, non gli consentono più il tempo di prepararsi all’insegnamento.
In vista di ciò, a lui, d’accordo anche con il Signor Sindaco, non rimaneva altro che accettare le dimissioni del Signor Rossi, ciò che fece. Assicura però che la Commissione è dietro a pratiche per assumere un altro insegnante, affinchè la scuola sia di disegno che serale, non venga per questo fatto interrotta, spera anzi che neppure una lezione verrà rimandata.
Il Consiglio pur deplorando la scarsa correttezza dimostrata dal Signor Rossi, prende atto delle dimissioni”.
Tutto ciò è indice forse della poca considerazione di cui godeva il pittore o forse, in fondo, della sua poca notorietà a Ciano; si sa infatti che il destino di molti artisti è quello di non esser compresi e valorizzati in vita, e così fu purtroppo anche per lui.
Non esser riuscito ad imporsi nemmeno nella scuola di disegno di Crocetta ed esser pagato trecento lire al mese, fu probabilmente un brutto colpo per lui, e nonostante la manifestazione d’affetto dei suoi alunni, lasciò tutto; malauguratamente aveva bisogno non solo di affetto… ed, ovviamente non furono motivi di famiglia che lo spinsero ad andarsene.
Sull’altro versante, anche Varlonga deve essersi sentito in pericolo, e così in un sol colpo, la Soms si trovò senza insegnanti e senza direttore!
Per Gino Rossi purtroppo, forse fu l’inizio della fine: lo scambio di qualche lettera con Giovanna, qualche richiesta d’aiuto che non produsse ancora alcun effetto… in un paio d’anni sarebbe già entrato all’ospedale psichiatrico di Treviso.
Il dr Cesare Leopardi, suocero del prof. Franco Sartori, avendone egli sposato la figlia Raffaella, nostra vecchia conoscenza come medico sociale della Soms, così ricorda il suo ricovero all’ospedale psichiatrico di Treviso nel 1926.
“…. Pur non essendo allora un demente, si comportava come se lo fosse, era lucido, ma si mostrava a volte di vivere staccato dall’ambiente che lo circondava… Si presentava tuttavia un problema non facile, cioè quello del trasporto del malato. Egli aveva già più volte detto alla madre:
“Se vuoi portarmi in ospedale, ti ammazzo, io sono più sano di te”. E poi era sospettoso, diffidente ed in certi momenti non facilmente avvicinabile. Eppure bisognava provvedere. Così a furia di pensare decisi di ricorrere ad uno stratagemma:
sapevo che il pittore era amico di un critico d’arte veneziano in posizione preminente, per il quale egli provava stima e devozione.
Mi recai in automobile insieme ad altre due persone di mia fiducia fino abbasso alla strada montelliana dove abita il pittore… Avviatomi verso l’uscio semichiuso e chiesto permesso, entrai e trovai la signora Teresa in lacrime. “Dov’è suo figlio?”. Ella mi rispose che da alcune ore era chiuso in camera, e pronunciava parole sconclusionate, ed in certi momenti pareva rispondesse a domande o a richiami inesistenti. La pregai di farlo venire ed egli, appreso che io lo cercavo, aprì la porta e senza far parole mi si presentò in un modo che non potrò dimenticare: i suoi occhi erano di fiamma, i capelli arruffati, il viso acceso e contratto in una smorfia come di chi si trova in uno stato di allarme permanente o che sia dominato da allucinazioni a contenuto terrificante.
Dovetti fare uno sforzo per dominare il doloroso stupore che provavo nel vederlo in quelle condizioni. Così affettando la più tranquilla indifferenza, lo accolsi con un sorriso e con confidenziali parole di convenevoli dalle quali egli mi parve rassicurato. Gli chiesi notizie delle sua salute e mi rispose in modo da non lasciare dubbi sulla gravità delle sue condizioni mentali. Ad un certo momento gli dissi che ero latore di una notizia che gli avrebbe fatto piacere: il prof. B. (Barbantini n.d.a.) era in istrada abbasso per parlargli di cose urgenti ed aveva pregato me, che mi recavo sul Montello per visite, di avvertirlo. “Il prof. B.!” disse quasi trasalendo e visibilmente soddisfatto aggiunse: “Vengo subito!” ed indossata frettolosamente una giacca fu pronto a seguirmi. Ancor oggi nel rievocare il triste caso mi par di sentire i singulti della vecchia madre, mentre il figlio si allontanava seguito da me… Giunti abbasso sulla strada, riuscii a farlo salire in macchina e gli dissi che poco avanti avremmo trovato il prof. B.
Fu così che lo accompagnai all’ospedale senza incidenti di sorta ed una volta giunti, quando la grande cancellata dell’istituto si aprì per lasciare passare la macchina, egli non comprese dove si trovava ed io lo lasciai promettendogli di tornare presto con il professore…” [19]
Il suo calvario, iniziato nel giugno del 1926, si sarebbe concluso nel dicembre del 1947.
Al di là della scarna citazione della vicenda nel verbale del Direttivo, questo episodio rimane comunque una piccola gemma nella storia della Soms ed anche di Crocetta, che nel 1974 gli dedicò una via.
* * *
Subito dopo la vicenda Rossi, dunque, l’arch. Antonio Varlonga il 5 giugno 1925, lascia la scuola e se ne va a Milano. Anche questo fatto viene registrato dal direttivo della Società asetticamente, senza nessuna motivazione “ l’arch. Varlonga, insegnante e direttore della scuola si è trasferito a Milano”. Viene sostituito interinalmente dal direttore della Regia Scuola di Conegliano, prof. Marsigli, che sarà direttore ed insegnante, coadiuvato dal maestro Amedeo Morosini di Crocetta, anche per l’anno scolastico 1925-26.
Le prospettive per la scuola però sono buone perché i finanziatori non solo hanno mantenuto le promesse, ma ad essi se ne sono aggiunti anche degli altri. Il buon lavoro del direttore Marsigli, consentirà al nuovo direttore di continuare e mettere a punto una ancora migliore organizzazione scolastica.
Nell’anno scolastico 1926-27, infatti, il nuovo direttore prof. Rosinato prenderà in mano le redini della scuola, coadiuvato sempre dal maestro Morosini a tempo pieno, e porterà la scuola ad un buon livello. L’attività didattica verrà articolata in quattro corsi, anche per effetto di un maggiore numero di frequenze, ma soprattutto per creare un primo corso preparatorio perché era risultato che molti non avevano ancora molta familiarità con il disegno e con le professioni in cui poteva esser utile.
Infine, da questo anno scolastico parte il registro dei verbali trimestrali e di ammissione agli esami, una specie di verbale del consiglio di classe trimestrale, nonché la Cronaca annuale della scuola, preziosa fonte per capire il clima scolastico.
43. Gino Rossi (il primo a sinistra) venticinquenne tra gli artisti trevigiani 44. Gino Rossi ai tempi della collaborazione con la scuola della Soms 45. Gino Rossi - Paesaggio asolano 46. Gino Rossi in manicomio a Treviso 47.Lettera di presentazione del pittore - Parte prima 48. Id. Parte seconda 49. Id. Parte terza 50. Protesta degli allievi della scuola per le dimissioni di Gino Rossi 51. Le firme degli allievi in calce alla protesta 52. Gino Rossi ai tempi del suo ricovero al manicomio di San Servolo - Venezia 53. Lettera di Gino Rossi all'amica Giovanna Bieletto |
[Sommario] [Paragrafo precedente] [Paragrafo seguente] [Copertina libro] [Home Page]