STORIA DELLA BRENTELLA Basta innalzarsi un po’, con l’assistenza di un applicativo ormai familiare agli utenti di internet “Google Earth”. Si vede tutto dall’alto e, a caratterizzare l’insolito paesaggio virtuale è una lunga scia di colore verde. Sto osservando Crocetta del Montello e quel lungo biscione che l’attraversa: la Brentella. Mi domando talvolta come sarebbe Crocetta senza il corso d’acqua, lungo il quale si è compiuta e si compie tuttora una storia. Lo sguardo pretende di risalire fin dove l’orizzonte si perde. Sulla destra il Piave, nel suo largo corso ghiaioso, sonnecchia. Poi ancora a nord fin dove le vie di comunicazione si introducono sulla stretta della “Berta” e lì si ferma anche la Brentella, o meglio inizia il suo corso, a ritroso. Sono seduto a una scrivania e tutto ciò sembra irreale ma è così che ci si immerge nella realtà ai nostri giorni. Ho chiesto a tante persone incontrate per la strada a quale epoca risalga la costruzione del canale, almeno questo sembra scontato, che si tratti di una costruzione artificiale. Le risposte che ho avuto mi inducono a fornire alcune notizie, senza pretesa di raccontare nulla di nuovo, dal momento che tutto è già stato scritto e documentato al riguardo. Il nome Brentella ha a che fare con Brenta e un canale, derivato dal Brenta per portare l’acqua al Bacchiglione, fu costruito nel 1314, allo scopo di regolamentare le “brentane” nei pressi di Limena, nel padovano. Brentella fu chiamato, da allora, qualsiasi canale che derivi acqua da un fiume e quella di cui mi devo occupare ha una storia un tantino più recente, si fa per dire. Durante il XV secolo la Repubblica di Venezia cominciò a espandersi nell’entroterra e in breve tempo riuscì a occupare l’intero Veneto e parte della Lombardia. Sta di fatto che già nel 1436 il Podestà di Treviso illustrava al Senato Veneto che la piana a ovest del Piave e a nord del Sile non si trovava in una condizione felice perché non aveva acqua per dissetare uomini e abbeverare bestiame. Non passarono molti anni e l’acqua del Piave, deviata all’altezza di Pederobba, cominciava a scorrere con il nome di Brentella. Lascio a voi immaginare quali furono le difficoltà per portare a termine l’opera e di tutti gli “appetiti” che risvegliò l’avere a disposizione l’acqua. Assolto l’impegno di dar da bere a chi aveva sete, l’acqua serviva a irrigare i campi e a muovere ruote e mulini che vivacizzavano l’attività lungo il corso del canale. Se si è fatta luce sul periodo di costruzione, dobbiamo aggiungere che i lavori continuarono nel tempo e solamente nel 1929 la nuova presa di Fener veniva ultimata, risolvendo definitivamente i problemi relativi al costante approvvigionamento idrico. Sono uscito dalla realtà virtuale e, costeggiando il corso d’acqua, sono arrivato là dove la Brentella si divide in due: il ramo principale gira per Caerano ed uno più stretto costituisce la seriola del Montello; sono al partitore della Crocetta, un tempo “della croce dei balestrieri”. Semisepolti dall’asfalto, affiorano due leoni veneziani in cemento, ahimè in copia, ma va detto che, alcuni anni or sono, vigeva la mania di asportare tali sculture per abbellire e nobilitare le abitazioni della borghesia emergente. Qualcuno ritenne quindi di anticipare un possibile atto vandalico e riportare gli originali a Montebelluna, in luogo sicuro. Del resto da lì provenivano, e da tempo immemorabile custodivano la partizione dell’acqua costituendo testimonianza di quella Repubblica che “co San Marco comandava se disnava e se senava”. Sembra che, all’epoca, due pasti al giorno fossero garantiti a tutti i mortali, ma anche così non fosse stato, a equilibrare la media avrebbero provveduto alcuni più fortunati. Nel nostro caso si tratta nientemeno che dei signori Presidenti all’Officio delle acque che durante una loro ricognizione di controllo della Brentella da Montebelluna a Pederobba furono invitati a rifocillarsi nella nobile casa dei “Cornuda”. Fu divorato tanto ben di Dio tra “insalata con le ova dure, capone, polli, colombini, tordi, brasuole, con bere e ribere, tornar a bere la quinta e sesta volta ne mai due fiate a dietro di un vino che poco vi mancò che al levarsi da mensa non camminassimo con incerto piede…”. Qui mi devo fermare, e se la vostra curiosità è stata solleticata, c’è sufficiente letteratura al riguardo. Bartolomeo Burchiellati racconta con ricchezza di particolari di una sua cavalcata lungo il canale, allo scopo di verificare se vi fossero degli illeciti utilizzi d’acqua e come rimediare a problemi tecnici. La storia raccontata nel 1615, da un medico per giunta, induce al sorriso. Ma anche queste vicende hanno contribuito a far sì che la Brentella continui la sua corsa da secoli e faccia dormire sonni tranquilli ai controllori d’oggi. Tiziano Biasi
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