EROI E MITI NELLA GRANDE GUERRA

A cent’anni dalla fine della Grande Guerra la Società Operaia di Mutuo Soccorso «Lodovico Boschieri» di Crocetta del Montello ha in programma due eventi. Il primo avrà come protagonista Francesco Baracca in un singolare racconto di Giuseppe Piccolo. Ho conosciuto Giuseppe nella rete, in maniera virtuale, ma poi ci siamo incontrati parecchie volte perché attratti da interessi e curiosità comuni.
«Essendo nato a Nervesa, ho vissuto gran parte della mia infanzia con i racconti sulla grande guerra che i nostri nonni ci narravano continuamente. Le maestre, da bambini, ci portavano spesso sul sacello dedicato a Francesco Baracca e dal quel momento è nata dentro di me la passione per questo grande eroe e per il volo. La figura di Baracca ha condizionato molto la mia voglia di conoscere e approfondire le vicende che hanno segnato la vita e la morte di questo grande aviatore. Ora con il mio ultraleggero ho coronato il sogno di volare, e soprattutto di percorrere sul Montello quei luoghi dove ha combattuto ed è morto Francesco».
Una grande passione nei confronti di un eroe dimenticato subito dopo il conflitto ma rivalutato negli anni successivi in un clima di esaltazione della guerra e dei suoi «caduti». Baracca è un rampollo di nobile famiglia, nasce a Lugo di Romagna nel 1888 e intraprende gli studi nella sua città, poi a Firenze e quindi, scegliendo la vita militare, entra all’Accademia di Modena. Ne esce come sottotenente di cavalleria e viene assegnato ad una caserma di Roma. Vive gli ultimi anni della Belle Époque dimostrando doti atletiche da cavallerizzo e conquistando i cuori delle ragazze che frequentano l’ippodromo e i salotti bene di Roma. Affascinato dai primi voli aerei fu inviato in Francia per prendere dimestichezza con i velivoli e conseguire il brevetto di pilota. Allo scoppio della Prima guerra mondiale cominciò la sua attività di pattugliamento come ufficiale di cavalleria, non esistendo ancora l’aeronautica italiana partecipando, ben presto, ad operazioni di guerra, chiamate allora «duelli», operazioni spettacolari, osservate attentamente anche da terra, quasi si trattasse di uno sport tra gentiluomini.
Luca e Alessandro Goldoni hanno dedicato una biografia all’aviatore le cui imprese dell’aria si diffusero grazie alle copertine di Achille Beltrame sulla Domenica del Corriere, e poi di bocca in bocca, di racconto in racconto in un’Italia senza social, senza tv e anche senza radio, ma forse di più feconda immaginazione. «Baracca - scrivono Goldoni padre e figlio - arriva al suo aeroplano a bordo della Torpedo Fiat scoperta, la lunga sciarpa bianca che svolazza. La sua figura è già popolare grazie alle foto dei giornali e quando i ragazzini lo riconoscono inseguono l’auto. Le donne salutano dalle finestre quella specie di santo protettore che tiene lontano i bombardieri austriaci».
Baracca riuscì ad abbattere trentaquattro aerei nemici ma, al calar della sera del 19 giugno 1918, il suo SPAD (monoposto biplano sviluppato dall'azienda aeronautica francese Sociéte Pour l'Aviation et ses Dérivés), venne colpito e il velivolo venne visto precipitare sul Montello, nei pressi della località detta Busa delle rane. Il suo corpo venne recuperato soltanto quattro giorni dopo, quando la zona fu liberata dalla presenza nemica.
Sulla morte di Francesco Baracca, medaglia d’oro al valor militare nella Prima Guerra Mondiale, si sono così aperte molte tesi. C’è chi sostiene sia stato abbattuto da piloti austriaci, chi da un cecchino dall’alto di un campanile, ma ci sono anche studiosi che affermano che l’asso dei cieli si sia suicidato sparandosi un colpo con la propria pistola, trascinatosi fuori dall’aereo in fiamme.
E queste diverse ipotesi hanno contribuito, unitamente alla retorica nazionale, a fare di lui un eroe e a creare il mito che continua ai giorni nostri. Scrisse di lui Gabriele D’Annunzio: «Fu tra i maschi generato dalla matrice ferrigna dove si stampa il meglio della gente di Romagna».
Nel 1923 il padre di Francesco, Enrico Baracca, assistette ad una vittoria automobilistica del giovane Enzo Ferrari. Lo volle conoscere dopo la corsa. Nacque un’amicizia fra i due e quando, più tardi, le Ferrari cominciarono a sfrecciare nei circuiti, comparve il simbolo del cavallino rampante che Francesco Baracca aveva fatto dipingere sul suo aereo. Pochi lo sanno.
Giuseppe Piccolo, nella serata di venerdì 16 febbraio, ci racconterà molto di più su Francesco Baracca e, da aviatore, formulerà anche la sua ipotesi sulla morte del giovane pilota, ipotesi che continuerà ad essere tale poiché testimonianze oculari non ce ne furono.
Non vogliamo alimentare il mito di questa leggendaria figura ma non dobbiamo dimenticare che il confronto tra interventisti e neutralisti italiani aveva visto il prevalere dei primi e, a un soldato, era richiesto di fare il suo mestiere.

Tiziano Biasi